La Cipolla di Alife prende il nome dal comune omonimo, cuore della fertile pianura alifana, nel Casertano.
La sua coltivazione è antichissima. Secondo una leggenda sarebbe iniziata addirittura nel periodo della dominazione romana: si racconta che i gladiatori fossero soliti strofinarsi il corpo con le cipolle per rassodare i muscoli. Mutati i dominatori (nel Medioevo la pianura alifana è stata invasa dai Longobardi), la cipolla non ha perso la sua importanza: era usata per pagare gli affitti o, spesso, era portata in dono.
Considerata un ottimo analgesico contro il mal di testa, era usata per curare i morsi dei serpenti e, addirittura, per contrastare la perdita di capelli. Lo storia di questa cipolla è poi proseguita nei secoli, arrivando fino alla fine del Novecento. Nel 1980, circa 30 grandi coltivatori producevano 60 quintali di cipolle ciascuno, che erano acquistate da venditori in arrivo da Napoli e da Roma per poi essere distribuite sul mercato nazionale. Negli ultimi anni, tempo, però, la tradizione si è quasi persa: oggi, conservano la cipolla di Alife soltanto alcune piccole aziende a conduzione familiare.
La cipolla di Alife ha bulbo poco schiacciato e buccia di colore rosso ramato vivace. Tradizionalmente si semina ad agosto, si trapianta tra gennaio e marzo e si raccoglie a mano tra luglio e agosto per essere confezionata in trecce, le cosiddette ‘nserte. Ha sapore dolce, sapido, mai pungente e si distingue, da sempre, per la sua delicatezza.
La cipolla di Alife si mangia cruda (in insalate), come ingrediente di frittate oppure messa in agrodolce.